Lunedì 9 agosto 2021 l'IPCC (Intergovenrmental Panel on Climate Change) dell’ONU, principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici, ha diramato il primo dei tre volumi del sesto rapporto di valutazione sui cambiamenti climatici, dedicato allo stato delle conoscenze delle basi fisico-scientifiche di un problema globale sempre più palese e scottante. Il sesto rapporto IPCC costituisce un aggiornamento del precedente rapporto del 2013 e spiega che i cambiamenti climatici, che negli ultimi decenni hanno provocato con frequenza sempre maggiore fenomeni meteorologici disastrosi, sono inequivocabilmente causati dalle attività umane, che hanno provocato un aumento medio delle temperature globali di 1,1°C rispetto al periodo precedente alla rivoluzione industriale. In Europa, in particolare, gli scienziati stimano che le temperature medie continueranno ad aumentare più velocemente rispetto alla media globale, e che per questo motivo aumenteranno anche la frequenza e l’intensità delle ondate di grande caldo, come peraltro è già stato osservato negli ultimi decenni. Con l’aumento delle temperature, nei paesi europei che si affacciano sul mar Mediterraneo diventeranno sempre più frequenti incendi e secondo gli scienziati è possibile che la loro frequenza aumenterà anche nei paesi dell’Est Europa. Se le temperature dovessero aumentare di 2°C rispetto al periodo pre-industriale, i periodi di siccità saranno più frequenti in tutti i paesi europei, con il probabile inaridimento di ampie aree coltivate. In ogni caso, le città tenderanno a essere colpite da ondate di grande caldo più spesso rispetto alle aree rurali, sia nel nostro continente che in altre parti del mondo. In Europa saranno sempre più comuni anche eventi meteorologici estremi: se le temperature medie globali dovessero aumentare di più della soglia di riferimento per evitare danni catastrofici – 1,5°C rispetto al periodo pre-industriale –, cresceranno infatti la frequenza e l’intensità di piogge torrenziali e alluvioni, in particolare nel nord Europa e nell’Europa centrale. Un’altra conseguenza dell’aumento delle temperature è che in Europa le giornate molto fredde saranno sempre meno, e questo accelererà i processi di scioglimento dei ghiacciai e del permafrost, la parte del suolo che nelle regioni fredde rimane perennemente ghiacciata. Tra le altre cose, gli scienziati hanno osservato che negli ultimi cinquant’anni l’Artico si è riscaldato al doppio della velocità rispetto alla media globale, e secondo il rapporto dell’IPCC è virtualmente sicuro che nella stessa regione le temperature aumenteranno più rapidamente anche nel prossimo secolo. Secondo le analisi degli scienziati è inevitabile che il pianeta continuerà a riscaldarsi, ma l’aumento della temperatura dipenderà dalla quantità di emissioni inquinanti che verranno rilasciate nell’atmosfera nei prossimi decenni, e dall’efficacia delle politiche introdotte a livello globale per ridurle. Nel rapporto si aggiunge che non è ancora troppo tardi per impedire che nei prossimi decenni le temperature medie globali aumentino di più di 1,5°C rispetto al periodo pre-industriale, ma si sottolinea che alcuni cambiamenti che sono già in corso da tempo saranno irreversibili per centinaia o migliaia di anni. Uno di questi è l’innalzamento del livello dei mari, un processo che continuerà a interessare la maggior parte delle coste europee e che porterà sempre più allagamenti sulle zone costiere, facendo a poco a poco rimpicciolire le spiagge distribuite sulle migliaia di chilometri di coste dei vari paesi europei. Indipendentemente dagli sforzi messi in atto a livello globale oggi, insomma, l’aumento delle temperature accelererà fenomeni che si sono già avviati, e che possono essere rallentati soltanto con uno sforzo immediato e su larga scala da parte dei paesi di tutto il mondo. Se le conseguenze del riscaldamento globale per l’Europa potrebbero essere disastrose, comunque, diversi paesi dell’area del Pacifico potrebbero del tutto scomparire. Secondo il rapporto, non si può escludere che entro la fine del secolo il livello dei mari aumenterà fino a 2 metri, con conseguenze catastrofiche per i paesi che si trovano pochi metri sopra il livello del mare, come diversi arcipelaghi dell’area del Pacifico, tra cui Kiribati, Vanuatu, Fiji o le Isole Salomone. A causa dell’innalzamento dei livelli dei mari, nei prossimi decenni intere isole o ampie porzioni delle isole di questi arcipelaghi potranno finire sommerse o comunque essere inabit abili. Questo nuovo rappoto IPPC rappresenta l'enensimo appello rivolto alla comunità globale - dalla politica ai singoli individui - per contrastare con urgenza fenomeni che mettono a rischio il benessere, la salute umana e del pianeta. Si auspica un rapido potenziamento delle ambizioni climatiche che verranno discusse a novembre 2021 in occasione della COP26 di Glasgow.